Forse la vera scommessa è conservare l'entusiasmo di un bambino perché forse, allora, il mondo ti verrà incontro. Ma è difficile perché, da bambino, credevo che il mondo degli uomini fosse amico mentre i pericoli si celassero nel mondo esterno: negli insetti che incontravo nelle mie scorribande di tutti i giorni, nei prati pieni d'erba e nelle traverse con i muri a secco dove gli incontri, a volte, erano improvvisi ed imprevedibili:qualche serpentello di tutte le specie ma, a volte, anche qualche "viperetta" molto più pericolosa che ti metteva un brivido nella schiena. Anche perché, mi ricordo, a volte, i colori dei loro mantelli erano sgargianti e le forme non sempre uguali. Ma i brutti incontri che facevo durante le mie escursioni "fisiche" erano ricompensati dal calore di casa. Quando la casa era molto semplice, una larga cucina, una camera dove si dormiva con i fratelli e un grande focolare, davanti al quale si rimarginavano le ferite del fisico e dell'anima che avevi ricevuto durante il giorno. Credevo che il mondo finisse nel mio piccolo "habitat" di paese dove c'era tutto e non c'era niente, ma era più che sufficiente per le esigenze di allora. Anzi era anche troppo grande. Troppe botteghe e troppi artigiani (il fabbro, i calzolaio, il barbiere, il seminatore, l'allevatore di quei brutti maiali neri e bianchi che allora erano molto comuni).Il paese era una città con i suoi vicoli segreti, i piccoli anfratti, i sassi segreti, dove, nelle piccole buche, mettevi i tuoi piccoli segreti:piccoli stecchi, piccoli sassolini che poi ritrovavi nei giorni successivi e, più tardi, anche piccoli bigliettini di carta. E poi incontravi i tuoi amici insetti che ormai conoscevi anche nelle loro piccole abitudini: le "calasine", le cimici, i grilli, i bruchi (che dicevano che erano velenosi, ma chi l'ha detto?), le lucciole e le cicale d'estate, le formiche. Grandi lezioni di scienze naturali da autodidatta perché, a volte, giocavi con i piccoli insetti toccandoli leggermente con uno stecco e li esaminavi in tutti i loro piccoli misteri per ore ed ore. Poi una voce adulta ti faceva trasalire e dovevi abbandonare quel mondo magico per ritornare al mondo reale: ti chiamava la mamma per andare a prendere l'acqua alla fontanella pubblica (da noi era maschile......il fontanello). Era una incombenza non gradita ma che dovevi fare, anche perché il babbo ti aveva promesso un carretto con il quale potevi affrontare quelle discese a tutta velocità. Poi arrivò la Tv, nel posto pubblico, arrivò il primo uomo nello spazio, lascia e raddoppia, la crisi di Cuba e la guerra fredda. Cominciai a fare domande che non riguardavano solo il paese. Tante cose non si capivano, neppure quelli grandi. Il microcosmo si allargava nelle discussioni e, piano piano, i piccoli insetti rimasero soli. Passavi davanti a quei sassi che conoscevi benissimo con fretta e, piano piano, li dimenticavi. Sentivi che l'anima era in una grande escursione, ma qualcosa ti diceva che dovevi andare cauto. Non sapevi cosa era quella voce che veniva da dentro e che ti diceva:cerca di farti una vita in questo mondo sul quale sei cresciuto, ma dall'altra parte erano già tutti in fila per prendere la propria strada nella vita. E bisognava andare incontro al ........progresso. La parte dell'anima che era in escursione non era nel giusto, ma esisteva anche l'altra parte dell'anima che ti diceva resta qui. Aveva ragione quest'ultima, anche se non ti assicurava su niente. Ma ora sono sicuro che non t'avrebbe fatto morire di inedia e neanche di noia.
Honest Maverick productions
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"...penso che l'uomo debba vivere nella sua patria e credo che lo sradicamento delle esseri umani sia una frustrazione che in un modo o nell'altro offusca la chiarezza dell'anima. Io non posso vivere che nella mia terra; non posso vivere senza mettere in essa, piedi, mani, orecchie, senza sentire la circolazione delle sue acque e delle sue ombre, senza sentire come le mie radici cercano nelle sue zolle le sostanze materne........la mia vita è un lungo peregrinare che torna sempre al punto di partenza, al bosco australe, alla foresta perduta... " (Pablo Neruda- Confesso che ho vissuto).
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