L'esistenza è per lui un problema sempre aperto, un'esperienza continua, che non può mai concludersi definitivamente e deve quindi sempre chiarirsi. Essa è costantemente protesa verso il futuro: l'uomo ha una costante preoccupazione per il futuro. "Noi siamo sempre al di là di noi stessi; il timore, il desiderio, la speranza ci lanciano verso l'avvenire...". Dovremmo invece imparare a non essere troppo presuntuosi e ad accettare serenamente la nostra condizione: l'uomo non deve cercare di essere più di uomo. E della condizione umana è elemento costitutivo la morte: "Tu muori perché sei vivo".
L'uomo deve dunque accettare il suo destino di essere mortale per poter vivere meglio: il pensiero che si è mortali suscita un impegno a vivere, a vivere meglio, più profondamente e pienamente. L'uomo deve anche riconoscere che sa ben poco, che la ragione ha dei limiti, che la scienza può sbagliare. Insomma, in realtà, "que sais-je?" (che cosa so io?). Il problema però non è tanto che cosa si sa o che cosa non si sa, quanto piuttosto che cosa si può e si deve fare. La saggezza consiste nel vivere bene: "Il mio mestiere, la mia arte, è vivere".
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E vi assicuro, per quanto mi consta, non è poca cosa.
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