Nell'ultimo numero di una famosa rivista economica americana c'è un articolo molto interessante che tratta dell'accaparramento delle terre agricole coltivabili dei cinque Continenti da parte di investitori e di aziende globali.
La previsione infatti per quello che riguarda il futuro del fabbisogno delle derrate agricole è di una grossa domanda negli anni futuri in previsione anche dell'aumento della popolazione mondiale. Nel 1960, infatti, c'era a disposizione, per ogni abitante del pianeta, 1,1 acri di terre coltivabili agricole produttive. Nel 2000 gli acri a disposizione erano scesi 0,6 pro- capite .
Considerando che si prevede che la popolazione mondiale nei prossimi 40 anni passerà dagli attuali 6 miliardi a 9 miliardi possiamo intuire la dimensione del problema.
Joachin von Braun dell'International Food Policy Research Insitute aggiunge inoltre:" la terra agricola è scarsa e diventerà ancora più scarsa poichè il mondo deve produrre il doppio di derrate alimentari entro il 2050. Con terre agricole ed acqua a disposizione molto limitate il valore delle terre agricole subirà un notevole incremento. E questo andrà di pari passo con il valore dell'acqua che forse aumenterà più di quello delle terre agricole".
Considerando che è dell'altro ieri l'allarme della FAO in merito all'aumento della popolazione affamata del mondo (più di un miliardo di persone) mi vengono in mente alcune considerazioni:
- forse sarebbero da ripensare i modelli di sviluppo che hanno caratterizzato il secolo passato, in particolar modo, per quello che attiene il grande consumo di territorio agricolo per costruzioni abitative ed infrastrutture e deforestazione;
- la globalizzazione ha portato sviluppo per determinate aree anche a costo di enormi sacrifici, ma accanto agli aspetti positivi ha provocato enormi squilibri sia per i Paesi in via di sviluppo che per gli aspetti concorrenziali delle imprese dei Paesi sviluppati e per i lavoratori in essi occupati.
Considerati solo questi due aspetti e, tralasciandone molti altri, verrebbe subito in mente una considerazione seria ed una scherzosa:
quella seria è una domanda: siamo proprio sicuri che un approccio "global to global" per lo sviluppo del mondo sia quello giusto e non sarebbe più appropriato un approccio "local to local"
per lo sviluppo armonico e più scaglionato e regionalizzato?
e, poi l'ultima cosa: finalmente i grandi manager con "bonus"a 9 cifre, quelli che hanno inventato i titoli tossici, saranno forse tutti sostituiti dai nostri coltivatori diretti locali che avranno una mega scrivania di noce accanto alla stalla delle mucche che produrranno il vero oro del futuro. E avranno anche grandi cassaforti dove saranno custoditi molte staia di grano, soia, avena e, dulcis in fundo, delle bottiglie numerate e sotto scorta di olio di oliva. E qualche asina dal prato, produttrice del raffinato latte, raglierà soddisfatta di quel mondo che la considera un pò di più.
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