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martedì 23 giugno 2009

Un'epoca piena di enigmi




Nell'ultimo numero di una famosa rivista economica americana c'è un articolo molto interessante che tratta dell'accaparramento delle terre agricole coltivabili dei cinque Continenti da parte di investitori e di aziende globali.
La previsione infatti per quello che riguarda il futuro del fabbisogno delle derrate agricole è di una grossa domanda negli anni futuri in previsione anche dell'aumento della popolazione mondiale. Nel 1960, infatti, c'era a disposizione, per ogni abitante del pianeta, 1,1 acri di terre coltivabili agricole produttive. Nel 2000 gli acri a disposizione erano scesi 0,6 pro- capite .
Considerando che si prevede che la popolazione mondiale nei prossimi 40 anni passerà dagli attuali 6 miliardi a 9 miliardi possiamo intuire la dimensione del problema.
Joachin von Braun dell'International Food Policy Research Insitute aggiunge inoltre:" la terra agricola è scarsa e diventerà ancora più scarsa poichè il mondo deve produrre il doppio di derrate alimentari entro il 2050. Con terre agricole ed acqua a disposizione molto limitate il valore delle terre agricole subirà un notevole incremento. E questo andrà di pari passo con il valore dell'acqua che forse aumenterà più di quello delle terre agricole".

Considerando che è dell'altro ieri l'allarme della FAO in merito all'aumento della popolazione affamata del mondo (più di un miliardo di persone) mi vengono in mente alcune considerazioni:

- forse sarebbero da ripensare i modelli di sviluppo che hanno caratterizzato il secolo passato, in particolar modo, per quello che attiene il grande consumo di territorio agricolo per costruzioni abitative ed infrastrutture e deforestazione;

- la globalizzazione ha portato sviluppo per determinate aree anche a costo di enormi sacrifici, ma accanto agli aspetti positivi ha provocato enormi squilibri sia per i Paesi in via di sviluppo che per gli aspetti concorrenziali delle imprese dei Paesi sviluppati e per i lavoratori in essi occupati.

Considerati solo questi due aspetti e, tralasciandone molti altri, verrebbe subito in mente una considerazione seria ed una scherzosa:

quella seria è una domanda: siamo proprio sicuri che un approccio "global to global" per lo sviluppo del mondo sia quello giusto e non sarebbe più appropriato un approccio "local to local"
per lo sviluppo armonico e più scaglionato e regionalizzato?

e, poi l'ultima cosa: finalmente i grandi manager con "bonus"a 9 cifre, quelli che hanno inventato i titoli tossici, saranno forse tutti sostituiti dai nostri coltivatori diretti locali che avranno una mega scrivania di noce accanto alla stalla delle mucche che produrranno il vero oro del futuro. E avranno anche grandi cassaforti dove saranno custoditi molte staia di grano, soia, avena e, dulcis in fundo, delle bottiglie numerate e sotto scorta di olio di oliva. E qualche asina dal prato, produttrice del raffinato latte, raglierà soddisfatta di quel mondo che la considera un pò di più.



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