Il grande scrittore Flaubert, nel suo famoso e splendido romanzo Madame Bovary, mette in risalto, tra molto altro, un concetto fondamentale della storia dell'uomo: la costante ricerca dell'uomo alla forma di una rappresentazione di sè stesso anche nei confronti degli altri e del mondo. O meglio:
"adulterio piccolo-borghese, dei luoghi ordinari, degli esseri mediocri, deboli o volgari, la cui vita è votata al fallimento, Madame Bovary porta a compimento il programma della scuola realista. Questo è tuttavia soltanto un aspetto: il segreto del libro è altrove, nella costruzione di un universo sociale e morale privo di senso, dove tutto si equivale (il matrimonio e l'adulterio, il quotidiano e lo slancio verso il sublime) e dove il farmacista volterriano Homais finisce per somigliare al curato Bournisien".
Ma allora mi viene proprio da dire che non è cambiato niente dal 1857 ad oggi: la noia provinciale (ma attenzione può essere provincia anche la città); i giorni che si trascinano noiosi, gli uomini affaccendati anche quando non ce ne sarebbe bisogno, la piccola alterigia del provinciale che fatica a rispondere al saluto perché si sente qualcuno, la solitudine imperante e che viene negata con alterigia, i colloqui sul niente. Un mondo grigio, opaco dove sembra che tutti abbiamo cose importanti da fare, dove anche qualche vecchio amico ha rinnegato tutto per un posto promesso al figlio e magari sparla a vanvera a carico di quello e di quell'altro quando è con me. Ovviamente di me, quando è con gli altri. Un mondo in cui siamo rimasti a mezzo tra la voglia di andare avanti e la voglia di sederci un attimo o per anni. Ma poiché ti accorgi che, se tu ti siedi, rimani solo, ti dimeni stancamente per fare cose o far finta di farle con sentimenti controversi che vanno dalla svogliatezza, alla forza di volontà, all'apatia, alla rabbia che ti dà la forza per andare avanti per accorgerti alla fine che sei sempre solo oppure in compagnia con altri. Ma quasi sempre assieme alla noia, ai tipi prevaricanti, a quelli che magnificano le loro gesta.Quasi che non esistesse più la voglia di una bella risata semplice. Ma ridere di che cosa?. Basterebbe saper scherzare sulla brutta rappresentazione di noi stessi che stiamo dando. Volevamo fare un teatro serio ed invece rischiamo di fare un'opera buffa. Anche se meglio buffa che noiosa.
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