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mercoledì 1 luglio 2009

Ma che carattere!




"Per conoscere un carattere occorrerebbe separare ciò che è acquisito da ciò che è naturale, sapendo come si è formato, quali occasioni lo hanno sviluppato, quale concatenazione di segrete cure o affetti lo hanno reso tale, e come si modifica, per produrre talvolta gli effetti più contraddittori ed inattesi.
Ciò che si vede è solo una parte minima di ciò che un carattere è: è l'affetto visibile la cui causa interna è nascosta e spesso assai complessa. Ciascuno indovinerà a modo suo e si farà un quadro conforme alla propria fantasia senza pur temere il confronto dell'immagine col modello, perchè, come poter far conoscere un modello interiore se colui che se lo figura nell'altro non può vederlo, e colui che lo vede in se stesso non vuol mostrarlo. Nessuno tranne se stessi, può scrivere la vita di un uomo. Il suo modo di essere interiore, la sua vita effettiva è nota solo a lui; ma scrivendola la trasforma - sotto il nome della propria vita compie la propria apologia - e mi mostra come vuol essere visto e neanche un pò com'è."

Ed allora perchè parlare degli altri se fatichiamo a conoscere noi stessi?
E poi molto spesso etichettiamo le persone con quella frase apocalittica:" Quello ha un brutto carattere" e non guardiamo il nostro. L'altro a cui è rivolta la frase, magari più educato, sta zitto e non lo dice apertamente, ma ha già notato mille difetti in quello che l'ha prima apostrofato.
E poi diciamo che uno ha un brutto carattere solo quando quello è in un momento di difficoltà.
O per trovare una giustificazione, altrimenti impossibile da trovare, se una persona ha subito un torto dal potere al quale noi in quel momento ci inchiniamo.


E se lo dice Rousseau è una garanzia.





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