Visualizzazioni totali

sabato 20 ottobre 2012

Essenza di mele cotogne!

 
 


Da noi  tutto é vissuto sottotono. Diciamo con "nonchalance". Per tutti tranne che per  i soliti "eletti". L'emblema del nostro territorio e del nostro tempo? Non saprei. E, inaspettatamente, mi viene in mente un albero selvatico di mele cotogne. Visto a malapena tra mille altre piante da frutto. Le altre che presentavano un alea di nobiltà nonostante che fossero anni che nessuno le curava, le accudiva, le potava e che avevano, comunque, una loro precisa collocazione sia botanica che estetica. Erano nobili piante di ciliegio, qualche bel susino che aveva mantenuto una certa dignità, qualche albicocco e una decina di belle piante di alloro selvatico. La nobiltà  e la povertà. La superbia e la semplicità. Il mettersi  in mostra  e vivere nell'ombra. L'ostantazione di virtù ed il mantenersi in disparte perchè privi di virtù. Poi alzi gli occhi e guardi meglio. Quell'alberello tutto verde aveva una decina di mele acerbe e pelose che si intrevadevano tra le foglie di quella semplice pianta che sembravano non presentare alcuna qualità. Almeno a chi non le conosceva sin dall'infanzia come me. Un frutto davvero modesto, ma pregiato. Erano quei frutti che i nostri "vecchi" mettevano sopra  i comò  di allora, di legno massello con un grande specchio, nelle antiche camere, modeste ma essenziali, come sarebbero  semplici ed essenziali le vere esigenze di vita di noi umani. E la ragione di quell'utilizzo delle mele "pelose" era che quei frutti, sempre verdi ed acerbi, emanavano  nell'aria un'essenza di leggera e stupenda fragranza. Che era bello odorare in ogni momento del giorno e che non ti veniva mai a noia neppure di notte. Ho staccato una dozzina di quelle mele ancora acerbe per farle maturare a casa, ricordandomi una delle tradizioni della vecchia casa della mia famiglia di origine  ed ho risentito quel profumo davvero inebriante. Ma la parola inebriante non dice la verità. Il profumo non è  pungente ma emana nell'aria un odore di buono, qualcosa che a me ricorda l'odore di madia dove veniva conservato il pane fatto in casa. E poi c'era un altro utilizzo di questi frutti "pelosi". La marmellata di mele cotogne. Quella che faceva la mamma e che ripeteva con poche varianti la nonna Palmira. In tempi dove il frigorifero non esisteva neppure come parola ed in cui le cose da mangiare venivano conservate fuori finestra, la marmellata di mele cotogne era una specialità alla stregua, e forse di più, dei freschi funghi porcini, delle castagne di grande qualità, delle pupole colte fresche nel campo la mattina e cotte lo stesso giorno in padella con un pò di farina. Ma vedo che anche oggi , e forse più di ieri, rimane una grande specialità. Per vedere meglio basta cliccare sopraquesto rigo. 
Una specialità di altri tempi che mantiene anche oggi un'aria di elite. Come tutto quanto quello che riguarda il melo  cotogno. Mi ricordo sempre il mi' babbo che, un giorno, entrando in casa, disse: " sta seccando il melo cotogno". Nella nostra semplicità di allora diventavamo tristi quando qualche animale domestico come il gatto, ma anche la coniglia con i piccoli ed il maiale di cinta che era quasi uno di casa perchè ci salutava a modo suo tutte le mattine, avevano dei problemi di salute,  ma quasi mai per le specie vegetali. Salvo eccezioni ed il vecchio melo cotogno era una grossa eccezione. Perchè era come lo stemma di famiglia. Ce l'aveva trovato il mi babbo e forse anche mio nonno. Ed era diventato un emblema. Perchè  era semplice. Direi Essenziale. Come appunto l'essenza che produceva. E come eravamo noi. Poi, anche lui, si è nobilitato nel tempo al punto tale che se mettiamo nel motore di ricerca la parola mela cotogna, ti vengono fuori mille ricette di alta cucina. Ad esempio lòa mostarda mantovana, la Senape di Dijone e mille altri varianti.  
Ma non sarà mica che il melo cotogno si è messo la cravatta? Oppure lui è sempre uguale, nascosto tra le altre piante da frutto con solo un piccolo spiraglio, ed è cambiato il mondo attorno a lui? Un mondo dove spuntano parole nuove, nuove professioni  e nuove attività. Ad esempio una cosa fondamentale ai nostri giorni. La chiamano in mille modi. Communication, marketing, Knowledge stategies, etc. A me piace chiamarla come si chiamava al tempo delle mele cotogne. Pubblicità. Allora un vero spettacolo. Tanto che il povero Camillo, nella sala della TV pubblica, esclamò, dopo un intervallo con le pecorelle e prima di un Carosello:"Ora guardo questa pubblicità e poi vado a letto".  Era grande quel Tempo .........un tempo fatto di semplice cose. Un tempo di  Mele Cotogne!

Ps: ci risentiamo tra un pò di tempo. Per troppi impegni, per tanta stanchezza, e per tanti altri motivi che un giorno forse spiegherò. Comunque a presto. Per quanto mi riguarda prima possibile.


Honest Maverick productions!
     


Enjoy:

venerdì 12 ottobre 2012

Ma cosa vuoi fare l'Orto o il Giardino? Forse solo un Horto-Garden....proprio come nella vita!




Quanto sopra mi è stato chiesto da mio cugino, "vecchio" agricoltore della prima ora, quando fare il contadino voleva dire faticare senza quasi mai riposare. Voleva dire trebbiare con le manne ed i pagliai e coltrare la terra con i buoi ed il vecchio aratro. Poi, la maggior parte dei contadini toscani lasciarono la mezzadria per imparare nuovi mestieri che si ritenevano più "nobili" e "fruttuosi". Ma forse dipendeva dal fatto che con la Terra e l'Agricoltura si era avuto un rapporto di grande amore, di profonda simbiosi e reciproca conoscenza, ma anche tanto odio-amore per diversi ordini di motivi. Il primo è che, come dice sempre lui, l'agricoltura non si può programmare. E questo lo dice in ordine ai piccoli programmi fatti per quel giorno nel quale, invece, ha deciso di piovere. Quindi un conflitto meteo e non solo quasi quotidiano. Troppo sole e troppa siccità. Troppa acqua e troppa pioggia. Oppure troppo gelo. Anche se poi ci accorgiamo che la natura ha un computer molto più potente del nostro e quasi sempre "compensa"  anche se, quasi mai,  in maniera ordinata come vorremmo noi. Io penso che lo fa anche per variare la nostra alimentazione. Quest'anno, ad esempio, abbiamo mangiato meno pomodori, ma ci siamo tolti la soddisfazione di gustare delle buonissime albicocche e delle favolose susine.  Ed anche le pere. Quindi, almeno da noi, ha favorito la frutta a discapito degli ortaggi. Ed ha favorito i fiori, quindi il giardino, più che gli ortaggi. Io che non ho molta esperienza di agricoltura, anche se mi attribuisco un grande pollice verde, ho sempre avuto una grande "fissa". Sostituire il più possibile le piante da giardino con le piante da orto e con le piante officinali. Ma cercando di dare al tutto un ordine ed una architettura da giardino. Tutto questo con grande disappunto di mio cugino che distingue in modo netto le due cose. L'orto può essere per lui più disordinato ma più efficace, mentre il giardino deve essere più ordinato. Quindi quasi tutti i giorni, lavorando insieme, le due diverse concezioni si scontrano. Ma poi ambedue abbiamo notato che le due cose non sono poi tanto antitetiche. Anzi, con nostro grande stupore, abbiamo visto che cercando di creare un giardino facendo un orto, spesso vengono fuori delle composizioni originali e veramente belle all'occhio. Facciamo ad esempio tre file di pomodori, di belle pianti verdi. Circondiamoli da una parte da coltivazioni ordinate di insalate diverse. Dall'altra di peperoni rossi, verdi e gialli. E dall'ultimo lato un pò di zucche che quando fioriscono producono i loro fiori d'oro. Qualche pianta di nipitella profumata, di basilico prosperoso, una bella pianta di salvia rotonda, una pianta di timo ed una di lavanda. Un pò di menta e, alla fine, due o tre piante di girasoli. Altro che giardino. E' un grande Orto - Giardino.  Ed è bellissimo se tutte le piante che vi abbiamo piantato fanno il loro dovere. Quindi l'unica vera difficoltà è avere la completa armonia tra tutte le piante dell'orto-giardino. Perchè tutto deve essere prospero e vigoroso. La vera difficoltà è quando si cominciano a cogliere i frutti durante le mattine d'estate. Si colgono i pomodori e manca un pò di rosso. Si coglie l'insalata e manca un pò di verde. Si colgono i fiori di zucca e manca tanto giallo. Meno male che ch'abbiamo i girasoli. Ed allora comincia a rimbombarmi nelle orecchie quello che mi era stato detto cento volte. L'orto non è un giardino. L'agricoltura non si può programmare. Mi allontano un pò e lo guardo da più lontano. Effettivamente oggi sembra più un orto che un giardino. Ma sono sicuro che, domani mattina, sarà di nuovo un giardino con i nuovi pomodori maturi ed il nuovo "oro" dei fiori di zucca. D'altra parte anche i miei gerani un giorno hanno più fiori ed un giorno meno. Forse ha ragione mio cugino. L'agricoltura non si può "stilizzare". Ci ingannano le foto dei campi fatte dall'alto, i teleobiettivi potenti che nascondono i difetti, le belle riprese televisive della Natura. Che, da lontano e nel mondo artificiale, sembra perfetta.  Ma quanto più t'avvicini e la guardi nei dettagli e più ti appare meno perfetta. Più bisognevole di cure. Perchè reclama tanto lavoro per mantenerla e questo te lo fa intuire se Le rimani accanto. Si, avevano ragione i nostri mezzadri. Giardino da lontano, Orto da vicino. Ed anche loro, dopo tanto orto, volevano vedere anche un pò di  giardino. Perchè quelli che guardano  la Natura solo da lontano pensano che la Natura ed il famoso Territorio siano solo un bel giardino. E quello che vale in Natura vale nella vita di tutti i giorni. Si sente dire: "che bel lavoro è quello là!".  Ma non si pensa che quando ci sei dentro  e fatichi per la sua realizzazione molte volte ci rimani impigliato e molte volte il giardino si trasforma spesso in mille piccoli orti da coltivare, che si possono chiamare più semplicemente difficoltà di ogni genere.
 Ma guardandolo finito, quando il lavoro suscita ammirazione, ti suggerisce anche che nulla si ottiene per caso e che nulla ti viene concesso con facilità. Ma che ne vale, comunque ed in ogni caso, la pena!  Anche il semplice tentare! E senza starci troppo a pensare!                            
Honest Maverick productions
          Photo: 500 SEGRETI PER AVERE UN ORTO MERAVIGLIOSO. L’ultimo libro di Bruno Del Medico

Da decenni era caduta in disuso la consuetudine propria di molte famiglie, di coltivare un orto. Purtroppo, molte conoscenze sono andate perse, e oggi non esistono scuole né insegnanti in grado di trasferire cognizioni non accademiche, ma pratiche, a chi vuole incominciare. Questo libro, scritto da un amatore che ha coltivato il proprio orto per più di mezzo secolo, rappresenta una vera miniera di suggerimenti utili e consigli preziosi
Formato 17x24, 320 pagine.

http://coltivarelorto.myblog.it/archive/2012/10/12/500-segreti-per-avere-un-orto-meraviglioso.html




venerdì 5 ottobre 2012

Un Mondo di Prenotazioni! A world of reservations!

 

Senza prenotazione non si può. Me lo sento e me lo sono sentito ripetere centinaia di volte negli ultimi anni. Ma "solo" negli ultimi anni. Perchè mi ricordo che negli anni della mia gioventù le prenotazioni non usavano ed erano indice di "snobberia", di qualcosa di spocchioso che andava per forza evitato. Poi, dopo gli anni ottanta, doveva essere tutto prenotato. Anche il più modesto ristorante ed anche la più mediocre pizzeria, normalmente, non è acessibile senza prenotazioni. Ma non solo bisogna prenotare una visita alla biblioteca, una visita guidata, un taglio di capelli, una partecipazione ad un "braciere" della più sperduta sagra di villaggio. Ed il tutto è sempre giustificato per minimizzare il  cosiddetto rischio "imprenditoriale". Ma un conoscente al quale feci la medesima osservazione mi corresse che il rischio non era imprenditoriale ma, solamente, economico. Ecco il mio impegno preventivo a "partecipare" per minimizzare il rischio economico dell'intrapresa. A parte sarebbe piuttosto facile contestare che in molti e "famigerati"  fast food non è richiesto il nostro impegno a partecipare. Eppure anche il loro rischio economico è massimizzato. Ma l'obiezione è che dove c'è la prenotazione obbligatoria è perchè la qualità del cibo è migliore e quindi occorre la prenotazione per l'adeguata  preparazione e costo della materia prima. E, poi in definitiva, come si suol dire, una telefonata non costa nulla. Ed essendo telefonate urbane, non costano davvero nulla. Ed infatti mi viene riferito che tante prenotazioni della prima ora vengono poi disdette all'ultimo momento. Oppure semplicemente la gente non si presenta neppure. Prestando l'occasione a futili diatribe. Raramente infatti viene dato seguito alle minacce fatte per il mancato e rispettato "impegno". Un "undertaking"  molte volte molto e molto strano. Situazioni da metafisica. Certo della tua prenotazione ti presenti con l'aria soddisfatta di quello che ha adempiuto al proprio dovere e che fa tutto secondo l'ortodossia comportamentale che ha rinnegato o non ha mai saputo del periodo di quando andava di moda la Fantasia (che qualcuno addirittura voleva mettere al potere) e che aborre deviare dalle regole rassicuranti del "branco ufficiale". E l'addetto alle prenotazioni con l'aria ufficiale e con l'aria indaffarata di quello che non ha tempo da perdere, come se l'elenco fosse solo una scusa e che il suo vero compito sia di verificare la consistenza  della formula   di Planck-Einstein E=h f  sul fotone, ti fa con scarso sussiego: " ma sei sicuro d'aver telefonato?". Ed  il mio primo impulso è quello di rispondere che forse la mia telefonata è stata deviata direttamente sul suo cellulare scientifico. Poi dopo qualche minuto di ricerca e qualche "bercio" a qualche addetto altrettanto indaffarato il mio nome è spuntato nel quarto foglio, con un errore di ortografia. Ma poi vedo che occorre prenotare anche il  posto per un piccolo spettacolo teatrale. Non importa poi se il teatro è mezzo vuoto. Ma quel posto è stato prenotato. Parliamo sempre di crescita economica e verrebbe  voglia anche di fare una considerazione. Forse sbagliata. Ma che sorge spontanea.Non sarà mica che una piccolissima percentuale della mancata crescita sia dovuta anche a mancate telefonate di prenotazione e poi, quando la gente avrebbe la voglia improvvisa  di andare in qualche posto, ci rinuncia anche e soprattutto perchè non ha prenotato?. Forse no, non è vero. Anzi è un fatto prudenziale, "economico", come disse quel mio conoscente, da buon padre di famiglia. E poi quanto si fa lunga, eh!. Sarà un problema fare una telefonatina. Anzi, meglio due. Siamo più sicuri. Non importa se con una prenoti e con l'altra disdici. L'importante è non fare mai  malsani colpi di testa! E se rimani nell'ortodossia non importa se,  qualche volta, ti dimentichi  persino di  aver prenotato.
Honest Maverick productions









Lettori fissi

Elenco dei blog seguiti