Premessa: Quanti dubbi ti insinua l'insana ed ingenua passione di andare avanti con un blog di provincia e molto "casereccio"! Ho riletto cento volte questo post prima di pubblicarlo. Avevo paura di fraintendimenti. Perchè la mia intenzione (molto presuntuosa) era (ed è ) solo quella di dare ulteriore lustro (se possibile) ai mille nostri connazionali "geniali" e spesso "poco conosciuti" del passato. Perché quelli del presente e del futuro, credo e spero proprio, che sapranno farsi conoscere da soli nel migliore dei modi. E quindi tutte le considerazioni anche di tipo economico riportate nel post sono riferite ad un mondo passato.....un mondo di cinquant'anni fa. Un mondo a cui io cerco di ispirarmi molto spesso ed al quale sono rimasto molto ( forse troppo) attaccato!
La Storia, come diceva Qualcuno, si ripete per cento e mille volte: non bastava Meucci, e quindi il telefono, il pianoforte, il microchip e cento altre invenzioni frutto dell'ingegno italico e non "sfruttate" appieno per la giusta "gloria" e, perché no, anche per la giusta mercé, dagli Inventori. C'era anche la lampadina! Ed allora al cospetto di cotanto "ingegno italico" mi viene da esprimere, anche per dare corpo alla statistica dei contrari, il mio modesto pensiero. E, certo di prendere per l'ennesima volta un abbaglio, per quanto mi riguarda, io la penserei in questo modo. Se poi a qualcuno il mio parere non piace, spero comunque che mi perdonerà. E veniamo al dunque. Da cosa può dipendere tutto questo limitato e/o tardivo riconoscimento di tante invenzioni e dei loro Autori? Forse dalla diversa organizzazione industriale e sociale che c'era nel passato rispetto alle altre realtà? O da una semplice parola (ed un concetto) con la quale, tanti di noi abbiamo forse avuto, storicamente, qualche problemino: l'"organizzazione". Per tanti di noi, ed anche e soprattutto per me, è un concetto piuttosto difficile. Le sue definizioni possono essere le più disparate e possono spaziare in molti campi, ma per l'argomento trattato, è forse sufficiente prendere in considerazione le organizzazioni aziendali. Esse, come sappiamo, dipendono anche dal diverso grado di sviluppo del settore finanziario (sic!). E quest'ultimo, come sappiamo, dovrebbe costituire la cinghia di trasmissione dell'attività manifatturiera e delle "start-up" che, per definizione, sono la culla delle invenzioni e delle nuove idee. Ma forse il carattere mediterraneo, grande "spronatore" e "grande genio-folletto" era (non so e non credo che la cosa valga anche ai nostri giorni), allo stesso tempo e molto spesso, insofferente allo sfruttamento industriale e commerciale "organizzato" su larga scala delle grandi e geniali idee (l'organizzazione appunto) e li portava, di frequente, ad un loro peculiare "concetto" di produzione (nel quale io mi ci ritrovo anche ai nostri giorni) che, appena si allargava poco più della cerchia familiare, provocava loro, molto spesso, mille preoccupazioni e tanti incomprensibili (o.... forse comprensibili e giustificabili ) "dubbi" da cui ne uscivano con grande difficoltà. Magari qualcuno dei nostri connazionali aveva appena inventato una "Grande Cosa" che risultava essere poi necessaria ed apprezzata dall'Umanità per Cento e Mille anni, ma, forse, si imbatteva subito in mille difficoltà esterne di ogni tipo. E poi, tra l'altro, come se non fosse bastato, in qualche altra difficoltà endogena in quanto, molto spesso, a lui interessava relativamente poco capire appieno l'impresa ad azionariato diffuso o tutti i nuovi (e molto spesso anche i vecchi) sistemi di finanziamento e altri complicati concetti economici. Avrebbero costruito, ad esempio, (ma è solo uno dei mille esempi che possiamo fare) strumenti musicali in maniera artigianale ed insuperabili per bellezza e precisione nelle loro botteghe artigiane. A volte, o molto spesso, avrebbero sofferto di liquidità (cfr. Meucci case), ma a loro non interessava "allargarsi" con il rischio di perdere un pò del loro controllo. Loro la "Bottega" la vedevano, spesso, in questo modo. Perché poi gli sarebbe piaciuto tanto che il loro figliolo, una volta chiuso l'abbecedario, avesse potuto continuare la loro grande avventura. Tanto erano sicuri che avrebbe inventato qualcosa di grande anche lui con la loro più grande soddisfazione..... anche postuma. E quest'ultima cosa, per loro, in confronto alla "soddisfazione" di "allargarsi" era veramente ...........cosa di poco conto!
Non è vero tutto quello detto finora? Peccato! .....Perché io mi ci stavo ritrovando parecchio.
E poi, credo, che più la grande soddisfazione sia inventare, tutto il resto viene dopo. Anche quella grande "noia" di cercare il modo di rendere duraturo il grande momento della "scintilla" che il genio-folletto fa spesso approdare nei nostri lidi. Molto meglio andare subito alla ricerca di una nuova scintilla. Tutto quanto scritto sopra in un solo concetto? Eccolo:
"Veri e Grandi Uomini e Geni da ammirare, scolpiti in maniera indelebile nella grande Pietra della Storia dell'Umanità".
Honest Maverick productions
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http://www.fondazionecruto.it/
http://www.fondazionecruto.it/chi-era-alessandro-cruto/
http://www.fondazionecruto.it/chi-era-alessandro-cruto/
http://www.impresaoggi.com/it2/532-linvenzione_della_lampadina_elettrica_a_filamento/
Il contributo italiano allo sviluppo della lampadina.
Nella storia della lampadina elettrica a incandescenza (che dal primo settembre 2012 scomparirà dal mercato europeo) c'è anche un capitolo tutto italiano. Una storia della lampadina «made in Italy» che ha per protagonista un inventore contemporaneo di Edison: il piemontese Alessandro Cruto. Ricercatore autodidatta, nato a Piossasco (Torino) nel 1847, Cruto nel 1876 riesce a ottenere del carbonio in forma di lamine lucenti ed elastiche. «Era sul principio del 1879 e avevo letto qualche cosa sui tentativi che faceva Edison per una lampadina a incandescenza a spirale di platino», scrive Cruto, e questa invenzione lo porta a pensare «all'applicazione delle lamine di carbonio che imparai a fabbricare fin dall'anno 1876». Da qui, nasce l'idea di Cruto di applicare alla lampadina il materiale che andava studiando: la sua ricerca sul carbonio si sarebbe svolta in parallelo a quella sulla illuminazione elettrica. Iniziano così complesse ricerche, che portano Cruto a comprendere i limiti del materiale finora utilizzato. «...Convinto poi che quella forma dei carboni non era la più appropriata e che la forma a filamento meglio si addiceva allo scopo, studiai il modo di ottenerlo in filo. Trovai il modo di ottenerlo facendo depositare il carbonio sopra un filo finissimo di platino, percorso da una corrente elettrica da portarlo al rovente in un'atmosfera di idrogeno bicarbonato...». È la svolta: attraverso un particolare procedimento, l'inventore piemontese riesce a ottenere filamenti di carbonio «interamente sintetici e con caratteristiche controllate e programmabili». Non solo. Cruto riesce anche ottenere una saldatura elettrica del filamento ai reofori metallici. «Questa saldatura elettrica che a giusta ragione deve chiamarsi per incandescenza, costituiva una vera invenzione, che poi ho compreso nel mio primo brevetto del 1882». Questa realizzazione frutta all'inventore anche un reportage di "Cosmos le Monde": «Mons. Cruto de Piossasco viene a modificare onorevolmente la famosa scoperta di Edison... questa invenzione è destinata certamente a un grande avvenire». È così che le lampadine di Cruto, nel 1883, vengono utilizzate dal comune di Piossasco per un impianto di illuminazione pubblica, un anno prima della parigina Place de la Concorde... Per le lampade "made in Italy" è il successo, tanto che alcuni esperti dell'epoca parlano di una superiorità "ingegneristica" del filamento di Cruto su quello di Edison. E l'invenzione si diffonde anche oltre i confini dell'Italia. Nel 1885, l'inventore piemontese fonda la "Società italiana di elettricità sistema Cruto", con il compito di fabbricare e commerciare le lampadine elettriche. Lo stabilimento nasce ad Alpignano nel 1886. La produzione giornaliera era di 1.000 lampade, gli operai erano 26. Poi, nel 1922, la società Edison Clerici (che aveva acquistato gli stabilimenti di Alpignano) porta la produzione a Milano. Quindi, nel 1927, la fabbrica viene veduta alla Philips. E la produzione riparte: questa volta con 300 operai.
Il contributo italiano allo sviluppo della lampadina.
Nella storia della lampadina elettrica a incandescenza (che dal primo settembre 2012 scomparirà dal mercato europeo) c'è anche un capitolo tutto italiano. Una storia della lampadina «made in Italy» che ha per protagonista un inventore contemporaneo di Edison: il piemontese Alessandro Cruto. Ricercatore autodidatta, nato a Piossasco (Torino) nel 1847, Cruto nel 1876 riesce a ottenere del carbonio in forma di lamine lucenti ed elastiche. «Era sul principio del 1879 e avevo letto qualche cosa sui tentativi che faceva Edison per una lampadina a incandescenza a spirale di platino», scrive Cruto, e questa invenzione lo porta a pensare «all'applicazione delle lamine di carbonio che imparai a fabbricare fin dall'anno 1876». Da qui, nasce l'idea di Cruto di applicare alla lampadina il materiale che andava studiando: la sua ricerca sul carbonio si sarebbe svolta in parallelo a quella sulla illuminazione elettrica. Iniziano così complesse ricerche, che portano Cruto a comprendere i limiti del materiale finora utilizzato. «...Convinto poi che quella forma dei carboni non era la più appropriata e che la forma a filamento meglio si addiceva allo scopo, studiai il modo di ottenerlo in filo. Trovai il modo di ottenerlo facendo depositare il carbonio sopra un filo finissimo di platino, percorso da una corrente elettrica da portarlo al rovente in un'atmosfera di idrogeno bicarbonato...». È la svolta: attraverso un particolare procedimento, l'inventore piemontese riesce a ottenere filamenti di carbonio «interamente sintetici e con caratteristiche controllate e programmabili». Non solo. Cruto riesce anche ottenere una saldatura elettrica del filamento ai reofori metallici. «Questa saldatura elettrica che a giusta ragione deve chiamarsi per incandescenza, costituiva una vera invenzione, che poi ho compreso nel mio primo brevetto del 1882». Questa realizzazione frutta all'inventore anche un reportage di "Cosmos le Monde": «Mons. Cruto de Piossasco viene a modificare onorevolmente la famosa scoperta di Edison... questa invenzione è destinata certamente a un grande avvenire». È così che le lampadine di Cruto, nel 1883, vengono utilizzate dal comune di Piossasco per un impianto di illuminazione pubblica, un anno prima della parigina Place de la Concorde... Per le lampade "made in Italy" è il successo, tanto che alcuni esperti dell'epoca parlano di una superiorità "ingegneristica" del filamento di Cruto su quello di Edison. E l'invenzione si diffonde anche oltre i confini dell'Italia. Nel 1885, l'inventore piemontese fonda la "Società italiana di elettricità sistema Cruto", con il compito di fabbricare e commerciare le lampadine elettriche. Lo stabilimento nasce ad Alpignano nel 1886. La produzione giornaliera era di 1.000 lampade, gli operai erano 26. Poi, nel 1922, la società Edison Clerici (che aveva acquistato gli stabilimenti di Alpignano) porta la produzione a Milano. Quindi, nel 1927, la fabbrica viene veduta alla Philips. E la produzione riparte: questa volta con 300 operai.
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