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martedì 23 febbraio 2010

Io sto con chi ha torto!



E’ molto difficile ammettere che siamo o siamo stati nel torto. Se ci riusciamo ogni discussione viene così a cadere ed il vostro avversario farà di tutto per dimostrare di possedere la vostra franchezza e sincerità e finirà forse col dichiararvi di non essere poi tanto sicuro di aver ragione. Se invece avete la matematica certezza che il vostro interlocutore ha torto e glielo dite apertamente cosa succede? Tanto tempo fa negli USA un giovane avvocato stava discutendo un caso molto importante davanti alla Corte Suprema di Giustizia. Durante la discussione , uno dei giudici disse all’avvocato:” La legge di proscrizione nello statuto di marina è di sei anni, non è vero?”. Il giovane avvocato lo fissò per un momento e poi rispose a bruciapelo.” Vostro Onore in marina non esiste tale legge”. Un senso di gelo corse per la sala; l’avvocato aveva ragione ed il giudice era nel torto. L’avvocato aveva la legge dalla sua, si difese con abilità e perizia, ma non riuscì a persuadere la Corte. Aveva commesso l’errore madornale di dire ad un uomo illustre e competente che aveva torto.

Anche oggi pochissimi sono gli individui logici, i più sono prevenuti, influenzati, imbevuti da ogni sorta di preconcetti, da sentimenti di gelosia, sospetto , paura, invidia ed orgoglio. Ve lo posso assicurare anche per esperienza personale e professionale.

Molti dicono che nel 2012 avremo dei grossi sconvolgimenti…….chissà potrebbe darsi che cambi il concetto di torto e ragione.

E che non sia più vero un vecchio proverbio che recita: la ragione dei poveretti è piena di difetti.

D’ALTRA PARTE BISOGNA RICORDARE ANCHE: «LA RAGIONE E IL TORTO NON SI DIVIDONO MAI CON UN TAGLIO COSÌ NETTO CHE OGNI PARTE ABBIA SOLTANTO DELL'UNO E DELL'ALTRA.»ALESSANDRO MANZONI.

Ed allora verrebbe da dire: viva chi sta nel torto e che, quindi, deve subire il pubblico ludribio pur avendo(matematicamente) anche un pò di ragione. Anzi sono sicuro: io, per il momento, sto con il torto.
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lunedì 22 febbraio 2010

E' quasi sempre il gatto che fà il cuoco!

E' toscano come me ed ho sempre apprezzato la sua saggezza popolare e la sua profonda cultura popolare e culinaria. Mi riferisco al noto commentatore che è stato sospeso da una famosa trasmissione per istigazione a cucinare i gatti in umido. Personalmente devo dire che prima di ora avevo un pò simpatia per l'uomo ma, soprattutto, riconoscevo la sua cultura, saggezza,semplicità, sincerità. Ma questo dipendeva anche dal fatto che quello che si vedeva in TV, a volte, a dar man forte alla conduttrice, ha una carriera alle spalle di notevole rilevanza ed è stato nei consigli di amministrazione delle più importanti aziende prima di fare l'esperto saggista di natura e di cucina e di molte altre cose tutte dedicate al naturale ed alla tradizione. Ma l'uomo ha acquistato molti ed ulteriori punti nel mio pallottoliere quando è stato sospeso per aver riportato, sostanzialmente, una tradizione ed un detto toscano che io ho sempre sentito sin da piccolo e che diceva sempre anche mia madre: "per il giovedì grasso chi non ha carne ammazzi il gatto". Ma il gatto non si era mai ammazzato neppure quando non si aveva quasi niente di ciccia da mettere sotto i denti. Si preferiva mangiare un tegame di fagioli, ma il gatto era uno di noi, anche se eravamo vegetariani "forzati". Poi si sentivano tante storielle di gente che in passato aveva ammazzato e mangiato qualche gatto. Ma neppure mia nonna che era dell'Ottocento aveva mai mangiato il gatto. E neppure mio babbo che, nei pochi ed estorti racconti delle sue avventure di soldato di guerra mondiale, nella terra dei Balcani dove la fame era una costante per l'esercito conquistatore, non ne aveva mai mangiati ma mi raccontava che nei paesi e paesini che gli italiani "conquistavano" sparivano tutti i gatti ed una testimonianza ne abbiamo anche nel libro di Gestro e Bedini "Soli in Montenegro" di cui, in passato, ho riportato in questo blog uno stralcio molto significativo in proposito. E quindi gli scandalizzati di oggi dovrebbero forse ripassare un pò la storia e cercare di essere, a volte, meno saccenti e rispettosi dei tempi andati. E poi l'ultima cosa: farò presto una petizione di tentata schiavitù contro la mia gatta persiana "Briciola". E' arrivata alla veneranda età di 16 anni, dorme quasi tutto il giorno, ma la mattina vuole un pò di latte fresco, poi vuole che io vada ad aprire il rubinetto del bidè perchè beve solo lì, e poi la sera, all'ora di cena si sveglia e vuole che io la serva con qualcosa di carne fresca ben tagliuzzata. Oggi però non dorme in poltrona. Forse sentendo ,con le sue notevoli capacità intuitive, che stavo parlando della categoria, è voluta salire sulla scrivania, accanto al computer da dove sto scrivendo ed ha messo la testa sopra in tappetino del mouse, girata verso lo schermo. Sembra proprio che voglia controllare le mie reali intenzioni. Ma ora si è rigirata; forse ha già capito che la mia "sudditanza" nei suoi confronti non avrà fine. Perchè lei sà che, anch'io, in passato ho mangiato forse troppa mucca pazza. E poi perchè i gatti da noi sono i padroni anche se qualche volta verrebbe voglia di metterli, metaforicamente, in umido. Ma dal vetro della veranda c'è l'altro gatto maschio, molto ruspante, Menelao che miagola perchè lui è di un'altra categoria. La notte dorme fuori ed ora, in questo mese, ha molto da lavorare. E' giovane, di razza bastarda, grigio e nero, pesa quasi dieci chili. Ma è più educato della sua collega di razza. Ora che ha miagolato due volte sta aspettando educatamente qualche chicco. Ma io lo servo subito. Non solo perchè è educato ma mi ricorda il mio vecchio gatto"Tirillone" con un occhio solo e che arrivava sempre in ritardo,quando gli altri avevano già consumato, e che ho tanto amato quando andavo alle elementari. Anche perchè non era e non voleva sembrare un vincente a tutti i costi!.

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venerdì 19 febbraio 2010

Ingenuity: un inno alla semplicità

Ingenuity

"Omissis ....Nei rapporti con le persone in senso generale mi accorgo che a volte bisogna pesare la singola parola per non dare adito a fraintendimenti o a malintesi. Io sono per natura impulsivo e invece mi trovo sempre più a dovermi morsicare la lingua. Sembra che prima ancora della preoccupazione di dare e offrire qualcosa agli altri, e corrispondentemente di ricevere, tutti quanti siamo impegnati a proteggerci da ciò che ci potrebbe in un qualche modo danneggiare. C’è poca fiducia, senso di compartecipazione, voglia di condividere ciò che si ha nel bene e nel male. Siamo sempre meno franchi e sinceri. Ogni conversazione non banale deve essere studiata e rivista per capire “dove quello voleva parare” o “ciò che voleva dire veramente”.

Credo ci serva un po’ di sana e semplice ingenuità. Come Adamo e Eva nel giardino prima di mangiare la mela. Dirlo è molto ingenuo e proprio anacronistico, lo so bene. Ma non è forse vero che ci stiamo incartando in una spirale di sospetti, recriminazioni, paure, che alla fine ci paralizza? Non è vero che molti grandi personaggi del passato erano anche un po’ ingenui e matti? Non è forse vero che l’ingenuità è anche ciò che caratterizza la persona semplice, sincera, spontanea, trasparente?

Ogni volta che penso alla parola ingenuità mi accorgo che mi piace sempre di più. E mi viene in mente quanto l’equivalente inglese che ha la stessa assonanza sia in realtà un “false friend” che ha un significato stupendo. La parola inglese ingenuity, infatti, non vuol dire “ingenuità” e quindi è un false friend. Secondo Wikipedia, ingenuity ha un significato fortemente collegato con l’innovazione:

The term ingenuity or applied ideas is used in the analysis of Thomas Homer-Dixon, building on that of Paul Romer, to refer to what is usually called instructional capital. Ingenuity is often inherent in creative individuals, and thus is considered hard to separate from individual capital. It is not clear if Dixon or Romer considered it impossible to do so, or if they were simply not familiar with the prior analysis of “applied ideas”, “intellectual capital”, “talent”, or “innovation” where instructional and individual contributions have been carefully separated, by economic theorists.

O come dice in modo molto semplice e diretto il mio Dictionary di Leopard:

Ingenuity: the quality of being clever, original, and inventive.

C’è un’assonanza e forse una qualche radice linguistica comune tra “genio” e “ingenuità”. O forse è solo una coincidenza della lingua inglese. Ma fosse anche solo una coincidenza, è secondo me significativa. Fossimo un po’ più ingenui e semplici, forse riusciremmo ad essere più positivi e creativi, e ad avere un po’ più ingenuity."Tratto da www.alfonsofuggetta.org

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Voglio essere un ingenuo nei rapporti con gli altri; non pensare ai complotti anche nelle piccole organizzazioni; non voglio essere per forza complicato per ottenere piccoli vantaggi; voglio parlare semplice, genuino e sincero. Un anacronismo in una società come la nostra. Non m'importa : voglio fare l'ingenuo quando parlo con le persone e ti fanno la voce grossa, come se l'ingenuità fosse bandita ed anzi da condannare.

Voglio pensare ingenuamente che le persone siano tutte in buona fede; che anche quelle che si professano molto religiose siano sempre molto ingenue e giuste e che non facciano, a comodo, gli opportunisti ed, alternativamente, i Ghandi della situazione.

Voglio essere un ingenuo che non ci siano favoritismi di casta o di partito, che tutte le cariche siano assegnate alle persone giuste , che tutti gli esami scolastici siano superati avendo come unico obiettivo il merito ed il sapere.

Voglio essere un ingenuo: non credo che esistano corruzione e prebende per ottenere favori e che tutti i concorsi e gli appalti siano giustamente assegnati.

Voglio essere in ingenuo: che tutte le Onlus siano davvero tali e che i volontari agiscano con l'unico scopo di fare del bene.

Voglio essere in ingenuo: forse anche qualche asino ha davvero la capacità di volare e che, in qualche posto, tutte le regole e le azioni siano giuste perchè altrimenti, in quel posto, il grande Capo di nome Igenuity si arrabbia per davvero.

"L'Ingenuo, secondo il suo solito, si svegliò col sole al canto del gallo [...]. Non era come la gente della buona società, che languisce oziosamente nel letto fino a che il sole non abbia fatto la metà del suo cammino, che, incapace sia di dormire sia di alzarsi,perde tante ore preziose in quello stato a metà tra la vita e la morte, e oltre a tutto si lamenta della brevità della vita......omissis....

Lesse qualcosa di storia e ne fu rattristato. Il mondo gli parve troppo malvagio e troppo miserabile. In effetti la storia non è altro che il quadro dei crimini e delle sventure. La massa degli uomini innocenti e pacifici scompare sempre in questi vasti affreschi. I personaggi non sono che ambiziosi e perversi. Sembra che la storia piaccia soltanto quando assomiglia alla tragedia, che languisce se non è animata dalle passioni, i misfatti e le grandi sventure."(Da L'Ingenuo di Voltaire)"

Mi sembra che per oggi sia tutto ed allora non mi resta che augurare un Buon Fine Settimana.

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giovedì 18 febbraio 2010

Dietro i lustrini tanto....... Lautrec



E' stato qualcosa di emozionante l'esibizione del corpo di ballo del Moulin Rouge.In qualsiasi luogo lo si porti riesce a dare un'aria di spettacolo internazionale, di esibizione che fà venire i brividi sulle avanbraccia, come tutti i veri artisti. Io l'ho visto a Parigi, l'ho visto in TV, ma questo spettacolo riesce a mantenere un alto standard, sia dal vivo che nel video. Ma per fare questo occorrono anni di prove quotidiane, di coreografie e soprattutto di tanto sacrificio. Perchè solo con il sacrificio si riescono a raggiungere simili livelli. Infatti per entrare a far parte del corpo di ballo del Moulin Rouge «bisogna essere belle, brave ballerine, avere una preparazione classica e jazz, essere alte, con gambe lunghe, bei sorrisi, essere brave ballerine e ovviamente saper danzare il can can», aggiunge Clerico che ha chiare origine italiane. Alla barba di tante veline nostrane che si improvvisano ballerine e fanno spettacoli non da operetta ma neanche caserecci.Forse l'unica parola che si addice in questi casi è :"abborracciati".E di già che ci siamo una piccolo excursus sul Moulin Rouge e la belle epoque.Quando si parla del Moulin Rouge viene subito fuori Henri de Lautrec. Chi era?.Henri de Toulouse-Lautrec (Albi, 24 novembre 1864 – Saint-André-du-Bois, 9 settembre 1901) è stato un pittore francese, tra le figure più significative dell'arte del tardo Ottocento. Divenne un importante artista post-impressionista, illustratore e litografo e registrò nelle sue opere molti dettagli dello stile di vita bohèmien della Parigi di fine Ottocento. Toulouse-Lautrec contribuì anche con un certo numero di illustrazioni per la rivistaLe Rire, durante la metà degli anni novanta.
Ed ora qualche notizia sul locale:"Quando, la notte del 6 ottobre 1889 nei giorni dell' Esposizione Universale, nell' anno in cui fu inaugurata la Tour Eiffel il Moulin Rouge aprì i battenti, i proprietari (uno era un ex macellaio) presentarono il loro teatro come un luogo in cui tutte le audacie erano possibili; le pale luminose del mulino, prometteva la pubblicità, servivano a illuminare le notti del vizio parigino. Non esisteva palcoscenico: le ragazze popolane, operaie, sartine, lavandaie ballavano la loro quadriglia naturalista (poi ribattezzata can can) in mezzo ai tavoli e al sudore, acrobatiche e generose, scalciando via i cappelli dalla testa degli avventori; l' eccitazione era tesa fino al parossismo; i cronisti descrivevano l' indecenza solenne e ponderata delle filles perdues strette nella danza; il numero durava sempre otto minuti esatti e c' era come un alone di peccato, una frenesia dal sapore canagliesco ma anche una vitalità prossima alla disperazione, un presagio della fine che un giorno avrebbe fatto scrivere a Maurice Goudeket, l' ultimo marito di Colette: Per chi macini, Moulin Rouge, per la morte o per l' amore?. In realtà l' epopea e la scurrilità di quel supposto paradiso di delizie non durò che un decennio, incendiando la fine del secolo. Già nel ' 93 un gruppo di deputati conservatori fece pressioni sul governo affinché intervenisse e ponesse fine allo scandalo. Il risultato fu che la quadriglia naturalista da allora fu ballata sul palcoscenico, a distanza, lontano dal contagio: e così, lentamente e per sempre, le notti disordinate ma vere di quegli anni cedettero il passo a un altro tipo di intrattenimento, la rivista super organizzata, il music hall ricco, le piume, la grandeur formato lustrino, con quel numero riservato ai soli uomini che per gustarlo dovevano accedere nel ventre di un gigantesco elefante di cartapesta, il can can sulle note di Offenbach utilizzato come specchietto per catturare i turisti. Un grande incendio devastò il Mulino smorzandone gli ardori; lunga chiusura, poi furono i tempi di Mistinguett e di Maurice Chevalier, dei grandi show un quadro dopo l' altro, avanspettacolo d' arcilusso; una vecchia foto ingiallita ci mostra un giovanissimo Jean Gabin al debutto, un po' impacciato in pantaloni a quadretti, maglietta a righe da gondoliere e cappelluccio a pan di zucchero. Già si parlava franglais per i ricchi turisti d' America. Nel ' 44 Edith Piaf lancia un giovanotto promettente e gentile: si chiama Yves Montand. Vennero poi gli anni della crisi: il Moulin Rouge riconvertito in cinematografo. Nel ' 63 Jacki Clerico, figlio di un emigrante piemontese diventato proprietario del Lido, compra il locale e gli ricostruisce una seconda giovinezza.....OMISSIS...Inghiottiti nel nulla, per sempre, sono gli anni della Goulue, della quale si innamorò Toulouse-Lautrec, morta in miseria, alcolizzata. Lontano, perduto, è quel suo lanciare in alto la gamba nel grand écart, la spaccata, quel suo modo speciale come scriveva un cronista dell' altro secolo di rialzare sino all' ombelico la sua sottoveste di tulle con una grazia tutta infantile".

Il Moulin Rouge è stato anche soggetto di alcuni quadri post-impressionisti realizzati dal suddetto Toulouse-Lautrec che era stato anche assiduo frequentatore del Folies Bergere".Ed allora tra Moulin Rouge e Folies Bergere si rientra tutti nell'atmosfera della "belle epoque", quando forse ci si godeva la vita in maniera passionale ed intensa. L’Europa conobbe in quegli anni una certa stabilità politica e un lungo periodo di pace che ebbe bruscamente termine con i fatti di Sarajevo. Le cose belle finiscono sempre.

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